Artista poliedrico e visivo, regista, coreografo teatrale e scenografo, Jan Fabre è considerato uno dei personaggi più innovativi e controversi nel panorama dell’arte contemporanea internazionale.
Con una carriera che prosegue da oltre quarant’anni, l’autore belga crea con i suoi interventi un’atmosfera intensamente personale che si nutre di leggi, personaggi e simboli ben precisi. A celebrarlo in questo autunno è Palazzo Merulana di Roma che a lui dedica una mostra, The rhythm of the brain, aperta al pubblico fino al 9 febbraio 2020. Il progetto vede esposte circa trenta opere tra sculture in bronzo e cera, molte delle quali mai presentate in Italia e alcune realizzate appositamente per la rassegna. Allestita all’interno degli spazi espositivi dell’ex Ufficio di Igiene, si suddivide in due capitoli: il primo si focalizza su un dialogo diretto con la collezione permanente, evidenziando interessanti connessioni poetiche tra le opere di Fabre e quelle di De Chirico, Donghi, Capogrossi, Janni, Casorati e Cambellotti. Connessioni che invitano a una riflessione sull’arte, sull’immaginazione e sul pensiero degli artisti nel corso della storia. Il secondo capitolo invece consiste in una selezione dei lavori di Fabre sul tema del cervello e del rapporto tra arte e scienza. Il percorso si apre così con due sculture in bronzo, To Wear One’s Brain On One’s Head (2018) e De blikopener (2017), autoritratti dell’artista che porta in bilico il proprio cervello sulla testa e che tiene in mano un apriscatole. Un sorta di guida per gli spettatori che avranno modo così di scoprire la poetica di Fabre e il suo rapporto con l’arte, la fantasia, il pensiero umano e l’immaginazione. Completano il focus sull’artista fiammingo svariati disegni e il film performance che ha realizzato insieme al neuroscienziato italiano Giacomo Rizzolatti. Un’opportunità per scoprire le opere di un interprete che mira a sconvolgere lo spettatore, mettendo il mondo in discussione e giocando con la sua visione fuori da ogni schema.
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