“Fotografare è una necessità e non un lavoro. Rendere eterno un incontro tra due anime mi incanta e mi fa sentire parte di un tutto.”
Giovanni Gastel era un uomo che sapeva cogliere la bellezza di ogni cosa su cui posasse lo sguardo. E quello sguardo così raffinato e profondo adesso ci mancherà parecchio dopo che il Covid se lo è portato via in maniera devastante il 13 marzo scorso all’età di 65 anni. Figlio di Ida Visconti di Modrone, sorella del famoso regista Luchino Visconti, e di Giuseppe Gastel, industriale dell’azienda farmaceutica Carlo Erba, era cresciuto tra Milano e la villa di famiglia a Cernobbio. Colto, poiché educato con letture di un certo spessore, allevato alla sensibilità e affascinato dalla contemporaneità, a diciassette anni realizza il suo primo scatto da autodidatta che sprigionerà quella passione che lo ha accompagnato per tutti gli anni Settanta, mentre si cimentava con la fotografia nello studio posto nel seminterrato di un palazzo della città meneghina. Dopo una lunga gavetta, che lo ha visto lavorare anche da Christie’s a Londra, nei primi anni Ottanta, quando a Milano decolla il Made in Italy, comincia la sua inarrestabile ascesa al successo come fotografo di moda internazionale. Sue le campagne per i più prestigiosi marchi: Ferrè, Versace, Dior, Ferragamo, Missoni, Trussardi, Armani, Chiara Boni e Krizia. Sue le collaborazioni con le più autorevoli riviste del settore: Annabella, Vogue Italia, Donna e Mondo Uomo.
Elegante, aristocratico, ironico, empatico, generoso e di gran classe, così come viene ricordato da chi lo ha conosciuto da vicino, il racconto fotografico di Giovanni Gastel a un certo punto si indirizza e concentra sui ritratti fotografici scattati ai personaggi più celebri dello spettacolo, della politica, dello sport, dell’intrattenimento e della cultura in generale. Una produzione tanto vasta che, solo pochi mesi fa, il MAXXI di Roma gli ha dedicato una retrospettiva intitolata “Giovanni Gastel. The People I Like”. La gente che mi piace. E gliene piaceva davvero una gran quantità visto che in esposizione c’erano i ritratti fotografici di Barak Obama, Marco Pannella, Ettore Sottsass, Roberto Bolle, Bebe Vio, Vasco Rossi, Monica Bellucci, Luciana Littizzetto e molti altri.
Capace di inventare straordinari universi estetici, la sua opera attingeva agli impressionisti, ammirava i grafismi giapponesi e strizzava l’occhio all’uso che della luce faceva Andrea Mantegna. Scattava prevalentemente in bianco e nero, ma in quella dicotomia, in quella relazione fra gli opposti, riusciva a costruire un mondo raffinato e sensuale dove regnava solo la bellezza: quella di una modella, di un oggetto, di un luogo, di un volto segnato dallo scorrere del tempo.
Una vita quindi piena di riconoscimenti: nel 1997 la Triennale di Milano organizza la sua prima personale a cura di Germano Celant con la mostra “Maschere e Spettri”; nel 2002 viene insignito dell’Oscar per la fotografia; e dal 2013 ricopriva il ruolo di presidente dell’Associazione Fotografi Italiani Professionisti. Una vita piena di successi, certo, ma anche di zone d’ombre in cui a dominare erano l’angoscia, il tormento, l’inquietudine o il disagio. Un’oscillazione di stati d’animo tipica di tutte quelle personalità oltremodo sensibili e profonde, e che Gastel ha sapientemente raccontato nella sua autobiografia “Un eterno istante. La mia vita” edito da Mondadori nel 2015. E allora noi vogliamo ricordarlo proprio così: dietro la macchina fotografica intento a creare, con la sua straordinaria umanità, uno di quei meravigliosi universi estetici.
“Il mio stile lo porto ovunque. Su una top model, un personaggio o un bottone. Sono un fotografo e lì mi gioco la vita.”
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